10 settembre 2023

GOMORRA FA PERCEPIRE I VIGLIACCHI COME EROI



Prima di cominciare a leggere la mia tesi su quella percezione capovolta che Gomorra genera sugli spettatori in merito alla figura del camorrista, vi chiedo di osservare attentamente e nei particolari l'immagine da me inserita, un'immagine che fa parte della iconografia pubblicitaria della nota fiction (a tal proposito cliccate sull'immagine perché la possiate vedere nel buio, senza alcuna interferenza visiva, nella sua nudità rappresentativa).

Ecco, se avete osservato attentamente l'immagine come vi ho chiesto di fare, ovvero nei suoi particolari, vi sarete certamente accorti che i personaggi di Gomorra sono stati ritratti con quelle sfumature e lineamenti che caratterizzano l'iconografia del mondo dei supereroi. È talmente evidente che con quell'immagine si intende offrire una tale suggestione, che nel caso voi non conosceste quei personaggi e la tipologia sociale che rappresentano, mi credereste senza esitazioni se io vi dicessi che si tratta di un nuovo gruppo di supereroi ideato dai creatori della Marvel. A tal proposito, qualora vi fosse sorto un dubbio in merito a questa suggestione da me posta in evidenza, riguardando l'immagine con maggiore attenzione esso svanirebbe definitivamente.

È chiaro, dunque, che lo scopo degli sceneggiatori della fiction sia di far apparire i camorristi non per quello che in realtà essi sono, ovvero dei vigliacchi, ma, al contrario, alla stregua di eroi, proprio come essi stessi si percepiscono nel loro agire. Lo scopo degli sceneggiatori, in sostanza, è quello di trasferire agli spettatori quella capovolta percezione che i camorristi hanno di sé. Una cosa davvero aberrante, tanto più aberrante se si pensa che lo si fa per danaro. Questa percezione capovolta incide soprattutto e paurosamente sulla psiche di quegli spettatori, come i bambini, che non sono ancora in grado di capire la differenza tra il Bene ed il male. I bambini infatti sono colpiti, nella loro innocenza e genuinità, più dall'eroismo in sé che dallo scopo che con esso ci si prefigge. In sostanza, un bambino valuta le azioni di un uomo più nella loro forma che sostanza. Tanto più che, in questo caso, come preciserò più avanti, l'atto eroico non è affatto tale ma una distorsione dello stesso. E non bisogna trascurare neanche, come accennavo, l'incidenza che Gomorra ha su quegli spettatori (gli adulti e vaccinati) che quella differenza si vantano di conoscere, perché anch'essi, complice quella stessa percezione di cui pure sono vittime, tendono via via a persuadersi che i camorristi, sebbene a loro modo e dalla parte del male, siano comunque uomini coraggiosi, ovvero uommene che pall, come si suole dire nel nostro dialetto.

Mi si obietterà con una certa supponenza e baldanza, come già mi è stato fatto in altre occasioni, che, se così fosse, dovrei allora allargare tale mia critica a tutta quella filmografia e letteratura che hanno come oggetto il crimine. Una tale obiezione al mio ragionamento contro la fiction Gomorra non ha in realtà alcun senso logico. I grandi film ed i grandi racconti che hanno come oggetto il crimine, in quanto autentiche opere d'arte (e proprio per questo sono opere d'arte), non fanno affatto percepire il criminale come un eroe, ma, al contrario, come un miserabile. Inoltre vi è, anche se a volte solo sottilmente, la presenza del Bene, che fa costantemente da termine di paragone assoluto rispetto alla relatività del male (e qui vi è il genio dell'artista). Faccio due esempi, uno letterario ed un altro cinematografico. Nell'Amleto di Shakespeare il male è presente prepotentemente e nella maniera più feroce, visto che si parla di un re ucciso per un complotto ordito da suo fratello e dalla moglie (mia interpretazione), diventati precedentemente amanti. Ebbene, nonostante i noti dubbi del giovane principe, anche sull'effettivo valore del Bene e del male, l'idea che il primo rappresenti quell'armonia universale senza la quale per Amleto (ovvero per l'umanità) tutto perderebbe di senso è il fulcro della sceneggiatura; il Bene aleggia nell'aria proprio come lo spettro del padre. La stessa cosa accade nel popolarissimo capolavoro Scarface di Brian De Palma. Ebbene, Tony Montana, il protagonista interpretato da Al Pacino, nonostante quel suo apparente eroismo, che tanto affascina lo spettatore, viene fatto percepire come un autentico miserabile nella sua malvagità al confronto di quel Bene che sempre aleggia silenzioso. In tal senso, vi ricordo due momenti mitici di quel film, circostanze che in una stupida, superficiale ed anti artistica fiction come Gomorra non troverete mai: la tragica scena in cui la madre arriva sostanzialmente a disconosce il proprio figlio e quella altrettanto tragica presente nel finale - evocante gli ultimi istanti del Don Giovanni di Mozart - in cui la sorella si denuda davanti al protagonista gridandogli se non vuole possedere anche lei. Prima di essere ucciso, Tony Montana ha un sussulto di "comprensione" della propria miserevole natura nell'ascoltare l'atto di accusa rivoltogli dalla sorella, proprio come accade per un attimo a Don Giovanni, prima di precipitare all'inferno, al cospetto della gigantesca statua che lo ossessiona gridandogli: "Pentiti!"

La questione della fiction Gomorra assume una enorme gravità, dai contorni peraltro grotteschi, dal momento che essa induce i bambini a deviare da quella sana abitudine di vedere nei supereroi coloro che lottano coraggiosamente da soli contro una marea di cattivi e che accettano l'idea di duellare, fino a persuadersi dell'esatto opposto, ovvero che ci sia coraggio nell'agire in branco contro qualcuno o nel fatto che si spari ad un uomo alle spalle o che ha le mani nude. Una deviazione, questa, che certamente già viene indotta nei bambini dalla scarsa educazione e dal disagio sociale, ma che trova in Gomorra e nei suoi personaggi una esaltazione ed una legittimazione mediatica. E così Gomorra riesce nell'incredibile intento di annientare completamente nella coscienza dei bambini quella sana percezione dell'eroe che gli viene quasi naturale, ma già messa spesso a dura prova da una realtà violenta e povera di riferimenti. E tutto questo capovolgimento si basa sul porre, come dicevo prima, l'attenzione sull'agire in sé, come puro atto di forza, come mero sfogo energetico - come accade in quella "strada" di cui Gomorra rappresenta un prolungamento nell'affascinante e gratuito mondo virtuale - facendo perdere di vista ai bambini le coordinate entro cui un determinato agire con la forza assume un valore positivo o negativo, cioè sia un atto buono o cattivo.

Spero che anche agli occhi dei più scettici (ma capaci di un approccio onesto ed in buonafede) la mia argomentazione sia stata sufficiente ad avvalorare quella mia tesi contro Gomorra, e che si riconosca, dunque, quanto gravemente e pericolosamente pesi sulla psiche degli spettatori (soprattutto di quelli più giovani) una fiction come questa, in cui il male non viene fatto vivere nella sua connaturata miseria, mancando costantemente il termine di paragone con la grandezza del Bene, e che per questo motivo tale fiction suggestioni tanti ragazzi a convincersi che ci sia coraggio laddove invece non c'è che vigliaccheria. Insomma che si scambi l'essere vigliacchi con l'essere eroi, l'essere dei miserabili con l'essere degli uomini.

Giuseppe Albano

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