06 settembre 2023

IL PREGIO DI MERET È ANCHE IL SUO PIÙ GRANDE DIFETTO

Che Alex Meret non sia gradito alla massa dei tifosi napoletani non rappresenta necessariamente un buon indizio sulle sue effettive qualità, ovvero su un suo presunto scarso valore; anzi, conoscendo l'ignoranza calcistica di quella stessa massa, quest'aspetto potrebbe essere al contrario un indizio a favore del portiere partenopeo. Basterebbe, in tal senso, ricordare quanto uno straordinario calciatore tattico come Marek Hamsik venisse considerato sostanzialmente solo un buon calciatore con in più la dote di avere un grande senso del gol, senza che si fosse capaci di comprendere che quella sua incredibile (per un centrocampista) capacità realizzativa fosse proprio la conseguenza del suo essere tatticamente sopraffino, ovvero di ciò che non si era in grado di riconoscere in lui.

Comunque, metto da parte la massa ignorante, a cui certo non sono rivolti i miei articoli, e vengo ad illustrare la mia disamina su Meret che mi ha indotto a formulare l'ipotesi che proprio nel suo più grande pregio risieda anche il suo più grande difetto.

Comincio subito col mettere in chiaro che, come suggerito più volte da Umberto Chiariello, e con la sua abituale enfasi quando si tratta di difendere un calciatore che gli piace, Meret è un portiere che si muove tra i pali secondo il manuale dei portieri (presumendo che un manuale del genere sia stato scritto). Il modo di stare in porta di Meret è assolutamente ineccepibile, a cominciare dal posizionamento che egli assume nell'atto in cui il suo avversario sta per scoccare il tiro. Meret affronta l'attaccante ponendo il proprio corpo nel punto migliore che si possa scegliere affinché egli possa ovviare al tiro dell'avversario (ovvero pararlo) ovunque questi scelga di piazzarlo. In sostanza, Meret riesce (cosa facile ad imparare in teoria, ma difficilissima da eseguire durante la frenesia di un'azione di gioco) a scegliere il punto preciso in cui il portiere rende sostanzialmente uguali gli angoli di tiro a disposizione dell'attaccante affinché non colpisca la figura del portiere stesso. Più precisamente (e più geometricamente) Meret fa sì che il suo corpo faccia parte di quella linea, chiamata bisettrice, che unisce il pallone a quel punto della linea di porta affinché l'angolo che si forma con i due pali venga diviso in due angoli uguali. In questo modo Meret, rendendo della stessa misura i due angoli a disposizione dell'attaccante nel suo scegliere di tirare verso l'uno o l'altro palo, si concede magistralmente la possibilità di avere la stessa probabilità di parare sia che il pallone venga tirato alla sua sinistra sia che venga scoccato alla sua destra. Il caso più semplice ed ovvio è quando un portiere, nel fronteggiare un tiro da posizione centrale, si pone egli stesso in posizione centrale. La cosa diventa, invece, frutto di grande sensibilità e bravura allorquando un portiere (come nel caso di Meret) riesce a spostare il proprio corpo all'unisono rispetto allo spostamento laterale del calciatore, mantenendo la linea di chiusura (quella famosa bisettrice). Aggiungo, per maggiore precisione, che Meret pone il suo corpo non solo su quella bisettrice ma anche in un punto di essa tale da permettergli di accorciare tutte le possibili traiettorie del tiro (basse, a mezza altezza ed alte; bisogna considerare, ad esempio, anche il pallonetto).

Posizionamento del portiere


Ora vengo a quell'aspetto apparentemente paradossale che fa sì, almeno a mio parere, che questo grande pregio di Meret, in merito alla sua capacità di posizionamento, finisca col rappresentare anche il suo più grande difetto, o meglio sia un elemento che, unito ad una sua scarsa qualità di pensiero, lo porta a non parare dei tiri che, ai più (compresa la massa ignorante) sembrano parabili, o comunque a non fare i cosiddetti miracoli in porta.

Allo scopo di essere il più possibilmente breve e chiaro, prenderò come esempio il gol realizzato da Kamada in occasione di Napoli - Lazio. Se noi osserviamo bene l'azione (soprattutto sufficientemente rallentata) ci accorgiamo che Meret esegue proprio quello che gli ho riconosciuto sopra. Egli, cioè, sposta il proprio corpo conformemente allo spostamento laterale del laziale, dando prova di una sensibilità geometrica da fenomeno. Meret, dunque, si pone nelle condizioni di avere la stessa probabilità di parare sia che il pallone venga tirato alla sua sinistra sia che venga scoccato alla sua destra. Fin qui tutto bene. Il problema sta nel fatto - e qui entra in gioco persino la percezione della massa ignorante, che però non capisce il senso di quella sua percezione e cosa dovrebbe fare quel portiere che essa si limita solo ad insultare e non ad aiutare -, il problema, dicevo, sta nel fatto che Meret non ha una medesima sensibilità mentale nel comprendere che, a volte, bisogna sanamente derogare da quel manuale del portiere ed abbandonare quella "bisettrice", scegliendo una posizione sbagliata. Strano?! ...mi spiego subito. Quando Kamada avanzava verso la nostra porta correndo in diagonale, abbiamo avuto tutti la percezione che il giapponese laziale, sia per la posizione che andava occupando, sia (e soprattutto) per la sua postura, stesse per effettuare un tiro in diagonale. Ora un grande portiere - e "scetato" -, come ad esempio Neuer, leggendo le intenzioni di Kamada, avrebbe volentieri abbandonato quella famosa linea (bisettrice), anticipando il movimento verso il cosiddetto secondo palo e arrivando così a rendere molto facile nella pratica una parata molto difficile in teoria. Avremmo potuto finanche assistere ad una parata in cui Neuer bloccasse il pallone!

Nella vita, si sa, la teoria, nella quale rientrano i teoremi geometrici, è certamente importante, ma la sensibilità pratica è fondamentale perché essa venga attuata nel modo giusto; e a volte il modo giusto è quello di non applicarla affatto!

Giuseppe Albano

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