12 settembre 2023

IL NAPOLETANO È SPORCO E FETENTE. È UN VANDALO SENZA STORIA


Io sono uno di quei pochi napoletani che non si offende quando al Nord ci considerano sporchi e vandali. E non mi offendo per il semplice fatto che dicono la sacrosanta verità. È vero che ci sono napoletani che non sporcano e non vandalizzano direttamente la città ma è altrettanto vero che essi sono complici di quel vandalismo dal momento che mostrano un atteggiamento del tutto passivo nel vedere questi scenari, come di fronte a piazze devastate solo poco tempo dopo essere state abbellite, ammodernate o restaurate. Mi ricordo, in tal senso, quando a Piazza Gian Battista Vico eravamo (in pochi) emozionati per l'inaugurazione di quello che appariva un piccolo gioiello, con tanto di parco giochi per bambini ed angoli dedicati ai vecchi. Ebbene, recandomi lì dopo una sola settimana, trovai la piazza in una condizione tale che un individuo che si fosse trovato a passare di lì per la prima volta avrebbe pensato che non vi si fosse più messo mano da un secolo. La stessa cosa si può dire per le meravigliose metropolitane o per la Stazione Centrale (ovvero Piazza Garibaldi) ridotta ormai ad un accampamento di barbari. E tutto questo con la cosiddetta brava gente che, tirando (anch'essa) di tanto in tanto una carta di pizzetta lì e lasciando un barattolo di birra là, non si indigna affatto al cospetto di una tale desolazione, dando anzi il proprio contributo allo schifo che vede.

Io penso che tutte queste brave persone che passeggiano serenamente sul palcoscenico di una autentica devastazione civica, senza per nulla indignarsi, provengano da case sudicie e maleodoranti, altrimenti non si spiegherebbe quell'atteggiamento così passivo davanti a qualcosa che evidentemente sentono come familiare. Avete mai provato ad andare alla Posta Centrale a Piazza Matteotti?! Ebbene, quando mi recavo anni fa (spero nel frattempo le cose siano migliorate) non avevo mai la possibilità di conoscerne il pavimento, dal momento che esso era del tutto coperto da una marea di carte (soprattutto i numeri per la prenotazione). E pensare che un edificio come quello rappresenta, come la Stazione Centrale, uno dei biglietti da visita della nostra città.

Napoli è, come si suol dire di alcune donne, "'nu quadro 'e luntananze". Essa, cioè, appare bella nelle foto e nei video che la riprendono da lontano, a visuale panoramica, grazie alla bellezza dello scenario naturale e l'ingegno degli architetti che nei vari secoli l'hanno disegnata, ma da vicino è un autentico cesso.

La bellezza di Napoli è tutta figlia di una Regina, la Natura, che le ha donato una bellezza ai limiti dell'inverosimile, e di una serie di Re che, più per orgoglio personale che per autentico amore per la città, l'hanno via via impreziosita di palazzi, chiese e sculture meravigliose. Ma di questo spettacolo il napoletano medio è stato sempre e solo spettatore, e spesso distratto, conformemente a quella condizione di suddito e non di cittadino che lo ha costantemente caratterizzato. Basti pensare (ed io penso a ciò con malinconia) a quel Giacomo Leopardi, massima espressione dell'intelligenza e della poeticità umane, che passeggiava per le strade di Napoli nell'indifferenza generale.

Il popolo napoletano va millantando, per mari e per monti, urbi et orbi, di una sua bellezza che in realtà non gli appartiene affatto, rispetto alla quale è stato fondamentalmente sempre un ospite. Il napoletano mi ricorda quel "cicerone ignorante", interpretato da Edoardo Romano, della trasmissione "Cara Napoli ti scrivo" che, non sapendo assolutamente nulla della storia e della genesi di Napoli nonché dei suoi monumenti, va in giro ad attribuire a suo nonno la costruzione di edifici di secoli prima e raccontando tante altre fandonie ai malcapitati turisti.

Sì, è vero, a Napoli c'è il "caffè sospeso", "la spontaneità", "il buonuomore", "una certa passione"; ma questi sono solo ritagli di vita che gruppi di individui, non appartenenti ad un popolo autentico, hanno offerto a se stessi nel corso dei secoli per rendere più sensata una vita senza alcun valore storico e filosofico. La nascita, proprio in questo vuoto storico, di tanti geni ed artisti non deve affatto meravigliare, perché lì dove c'è il non senso si avverte una maggiore necessità e fame di significato.

Giuseppe Albano


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